Articolo del Dottor Maurizio De Santis.

CIBOTERAPIA
Nell’arte millenaria dell’Ayurveda il cibo e le spezie rappresentano sia un nutrimento che una medicina per
vivere in salute e armonia.
Talune conoscenze sulle sostanze farmacoattive presenti negli alimenti, nelle spezie e nelle erbe
aromatiche in genere si tramandano ancora oggi inquinate e distorte, basate su credenze assolutamente
infondate.
D’altra parte, il patrimonio di conoscenza maturato nel tempo sulle sostanze alimentari o comunque edibili,
soltanto di recente si è cominciato ad esaminare più a fondo: ad esempio, alcuni alimenti ed alcune spezie
possiedono una reale azione come antidoti e più di una patologia può essere ricondotta ad una scelta e ad
una combinazione sbagliata degli alimenti e delle sostanze che introduciamo più o meno con regolarità nel
nostro organismo.
Nella medicina ayurvedica (la più antica del mondo risalente a 5.000 anni) tutta la varietà delle malattie
fisiche e psicologiche sono causate da uno squilibrio delle tre forze presenti nel nostro organismo (elementi
di un microcosmo individuale che si inseriscono in un macrocosmo che è rappresentato dal nostro pianeta
Terra: VATA-ARIA, PITTA-FUOCO, KAPHA-ACQUA) conseguente ad una fase digestiva difficoltosa, lunga ed
elaborata.
Di contro con l’ausilio di rimedi a base di erbe e spezie, di un’alimentazione mirata e di trattamenti di
purificazione ringiovanimento, si ottengono dei benefici tali da arrivare, nella maggior parte dei casi, alla
completa risoluzione di numerose patologie, come risultato del bilanciamento del nostro microcosmo
individuale.
Le erbe e le spezie sono molto usate nell’ayurveda come sostegno vitale per i cibi.
Utilizzando erbe e spezie particolari si può mutare profondamente l’equilibrio della nostra costituzione.
Le erbe e le spezie sono usate per stimolare la digestione, accrescere l’assorbimento e rimuovere le tossine
che il corpo accumula a causa dell’inquinamento atmosferico, di situazioni stressanti e di una cattiva
digestione.
Certamente esistono spezie riscaldanti come lo zenzero, la senape, il peperoncino, il cumino, il pepe nero e
spezie rinfrescanti come il fieno greco, il coriandolo, il cardamomo, la curcuma, ma non è la spezia singola a
produrre l’effetto terapeutico o tossico, bensì la combinazione di esse assieme alle erbe e ai cibi. Per
l’ayurveda il cibo è sia nutrimento che medicina e, quindi, ciò che si mangia è di vitale importanza.
L’ayurveda si rivolge al corpo, alla costituzione dell’individuo e a quello che è necessario per il suo
equilibrio: rinfrescando quello che ha bisogno di essere rinfrescato, scaldando quello che ha bisogno di
essere scaldato, idratando o asciugando quando è necessario.
Nell’ayurveda il cibo e le azioni sono le chiavi per la guarigione.
Se mangiamo e ci comportiamo in modo che vengano rafforzate la nostra costituzione e l’ambiente che ci
circonda, è probabile che entrambi restino puliti, luminosi e sani.
Se mangiamo e ci comportiamo in modo che vengano danneggiati i nostri corpi, i nostri simili ed il nostro
pianeta (consapevolmente o inconsapevolmente), ad esempio, se viviamo in modo narcisistico e pensiamo
solo al nostro profitto oppure se consumiamo alimenti ad alto impatto ambientale che contribuiscono ad
inquinare i corsi d’acqua, l’aria e le città in cui viviamo, non faremo altro che danneggiare noi stessi.
Insieme ai cibi, alle spezie e alle azioni esiste un’altra chiave fondamentale per la guarigione nell’ayurveda:
il pensiero e il sentimento di una persona che cerca la guarigione.
Sapere che un cibo particolare è raccomandato per la nostra salute ed il nostro equilibrio può aiutare a
sostenere i nostri sforzi.
È necessario essere disposti a mangiare cibi diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati, spezie ed erbe
specifiche o integratori a base di erbe e seguire determinate abitudini di vita.
Fare ciò richiede di più della passiva accettazione del trattamento e non tutti sono in grado di assumere un
ruolo attivo nella loro guarigione.
Cibo e azioni, pensiero e sentimento: forse la verità sta, più che nel mezzo, proprio da una sola parte.
Durante quasi tre milioni di anni, l’uomo ha talvolta intuito delle conoscenze che la stessa scienza non ha
ancora riconosciuto o voluto riconoscere.